lunedì 13 febbraio 2012

Sara

Vorrei leggervi qualcosa che parla di Sara. E’ l’ ”Ultimo messaggio di Baden Powell agli esploratori”. BP diceva di esser come il

Capitan Uncino, che ripeteva il suo ultimo discorso alla ciurma ogni volta che poteva, per paura di non avere più l’occasione di farlo.

Qualcuno, magari, mi accuserà di essere monotematica, ma Scout è quello che sono.

E questa è Sara.

“Io ho trascorso una vita molto felice e desidero che ciascuno di voi abbia una vita altrettanto felice. Credo che il Signore ci abbia messo in questo mondo meraviglioso per essere felici e godere la vita. La felicità non dipende dalle ricchezze né dal successo nella carriera, né dal cedere alle nostre voglie. Un passo verso la felicità lo farete conquistandovi salute e robustezza finché siete ragazzi, per poter essere utili e godere la vita pienamente una volta fatti uomini. Lo studio della natura vi mostrerà di quante cose belle e meravigliose Dio ha riempito il mondo per la vostra felicità. Contentatevi di quello che avete e cercate di trarne tutto il profitto che potete. Guardate al lato bello delle cose e non al lato brutto. Ma il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri, cercate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire , potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto del vostro meglio. << Siate preparati >> così, a vivere felici e a morire felici.”

Sara è senz’altro brava ad osservare la gran parte di queste indicazioni. Diciamo che forse va indirizzata un po per quanto riguarda il non cedere alla proprie voglie ed il contentarsi di quello che si ha. Ma Sara è tutt’altro che tiepida, e per questo sarebbe piaciuta tantissimo a San Giovanni.

Quando ha saputo di essersi aggravata, ho assistito ad uno dei suoi rarissimi momenti di sconforto. “Perché a me, quando ci sono delle carogne in giro che lo meriterebbero di più?”

“Perché il Signore vuole che tu continui ad insegnarci qualcosa”, ho detto io. “E sarebbe?”, ha replicato.“Sarebbe che ci insegni a non perdere di vista le cose importanti”. Ed ha finito di fumarsi la sigaretta in silenzio.

Senza alcuna pretesa, provo ad immaginare l’ultimo discorso di Sara a tutti noi, anche se posso garantirvi che Sara non ha lasciato nulla di inespresso.

“Non te la prendere per ciò per cui non vale la pena. Arrabbiati ed intestardisciti se pensi che sia giusto farlo. Ama, perdona e chiedi scusa. Coltiva le amicizie, le passioni e le relazioni. Utilizza almeno un po del tuo tempo per fare ciò che desideri e non ciò che devi. Stai con la tua famiglia. Quella che il Signore ti ha donato e quella che, invece, ti sei scelto. Non tentare d’imparare a scegliere le amicizie, tanto per quanto ti sforzi non ci riuscirai. Se qualcuno ti tradisce, perdona, solo così potrai lasciarlo veramente andare. E divertiti c**** (e qua metterebbe una bella parolaccia rafforzativa del concetto!).”

Vi leggo ancora alcune riflessioni che ho letto a Sara in ospedale e che lei mi ha detto che ha sentito sue. Sono tratte da “Il libro di Lézard”.

“Il culto che tributerò al mio Dio sarà una preghiera ed un canto di gioia.

Ma la mia preghiera non sarà una successione di parole.

I nostri giorni sono pieni di parole.

La mia preghiera non sarà un susseguirsi di frasi.

I nostri giorni sono pieni di parole.

La mia preghiera sarà tutta la mia vita.

E tutta la mia vita sarà una preghiera di cui ogni parola sarà un atto, uno sforzo verso il meglio.

Non meravigliarti di questo.

Non do il bel nome di preghiera al triste sforzo compiuto di mala grazia e di cattivo umore perché le circostanze ce lo hanno imposto.

Do il bel nome di preghiera allo sforzo alato, liberamente scelto, voluto, compiuto.

Allo sforzo gioioso che conduce verso il secondo sforzo, sino all’infinito.

Il mio culto sarà una preghiera, la mia preghiera sarà tutta la mia vita, la mia vita sarà uno sforzo.[...]

La mia vita è un privilegio e il mondo è divino.”

“Ora va e diffondi la gioia.

Il tuo sguardo sia uno sguardo di gioia.

Il tuo sorriso sia un sorriso di gioia.

La tua parola sia una parola di gioia.

Il tuo agire sia un atto di gioia.

Inonda di gioia coloro che ti circondano; se ne sente tanto bisogno nel mondo...

Non temere di darne troppa; Non temere soprattutto di mancarne.

Obbedisci a quest’ordine ed avrai conquistato la Gioia stessa.”

E come direbbe un mio caro amico: “In alto i cuori”. Sara vuole così.

Per un po ci sembrerà di camminare sulla neve. Avremo paura di scivolare. Ma la cosa bella di camminare con gli altri sulla neve e che si cammina in cordata, l’uno legato all’altro, e tuo compito è anche quello di seguire il passo dell’altro, stare attento a chi ti sta vicino. Facciamo strada insieme e anche se scivoliamo, rialzarsi sarà più semplice.

Il Signore non ci lascia soli. E Sara neanche.

E così sia.

mercoledì 1 febbraio 2012

La prosivendola

"Lei Malaussène ha un vizio raro: compatisce".

Affronto un capitolo molto bello della mia vita di lettrice parlando di Daniel Pennac, uno degli autori più geniali che il XX secolo ci abbia regalato.

Daniel Pennac, al secolo Daniel Pennacchioni, inizia a scrivere la serie di romanzi su Benjamin Malaussène per scommessa, creando quello che definisco il mio personaggio letterario preferito.

Il buon Benjamin fa di professione il capro espiatorio ed oltre ad avere il vizio raro della compassione (come dice la Prosivendola, colei che paga profumatamente i suoi servigi), ha la rara capacità di trovarsi SEMPRE nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo. Ha una famiglia multietnica e di dimensioni non comuni, una mamma eternamente innamorata e sempre assente. Torna a casa solo quando è nuovamente incinta e, sfornato il pargolo, sparisce dalla circolazione. Ha un nugolo di fratellastri e sorellastre. Attira a sé tizi di ogni sorta ed anche un mucchio di guai. Ha una fidanzata giornalista bella e coraggiosa. Gli elementi per costruire una storia veramente strepitosa ci sono tutti. Se si aggiunge poi che Benjamin e tutta la ciurma usano essere sarcastici e caustici quasi quanto me ("Gli stronzi rinsaviscono giusto il tempo che dura la paura"), allora si percepisce l'amore che posso provare per questa famiglia veramente un po sfigata.

Il "ciclo Malaussène" si compone di sei libri scritti tra il 1985 ed il 1997. "La prosivendola" è il terzo episodio di questo ciclo. Le storie si susseguono ma al tempo stesso ciascun libro rappresenta un capolavoro a sé.

Ho una grande passione per i libri ed ho sempre immaginato che se avessi mai aperto una libreria l'avrei chiamata così, "La prosivendola".

Il libro inizia con uno matrimonio (Evviva, Evviva!"): si sposa Clara, la sorella preferita di Benjamin. Il marito è il direttore di un carcere in cui vengono esaltate le doti artistiche dei condannati. Inutile dire che Clarence di Sant'Inverno (promesso sposo di Clara), muore (beh, sì, c'è un omicidio in quasi ogni episodio e Benjamin viene quasi sempre accusato di esserne il colpevole). Clara confessa a suo fratello di essere incinta e Benjamin, desideroso di dare al suo nipotino tutto quello che desidera, fa scelte poco felici per le quali Julie, la sua fidanzata, decide persino di lasciarlo.

La trama è intricatissima e vale la pena di non svelarvi nulla... Vi dico solo che Clara partorisce un bellissimo bambino a cui viene dato il nome di E' un Angelo. Sì, è proprio questo il suo nome: E' un Angelo. La famiglia Malaussène ha un talento nel dare i nomi ai propri figli: ne "La fata carabina", troverete la nascita della piccola Verdun, chiamata così perché ogni volta che si sveglia scatena un frastuono pari solo a quello dell'omonima battaglia. In "La Passione secondo Therese", nasce Maracuja. Eccetera eccetera...

Lo stile di Pennac è inconfondibile, irriverente e sciolto. E' uno scrittore elegante. Ed è elegante perché fa sembrare facile scrivere un libro e per me l'eleganza consiste proprio nella capacità di far sembrare molto semplice fare qualcosa di molto molto difficile. Terminato il ciclo con "La Passione secondo Therese", potete attaccare gli altri libri di Daniel. Io consiglio caldamente, tra gli altri, "La lunga notte del Dottor Galvan", un librino piccolo piccolo ma troppo divertente, "Come un romanzo", un saggio sulla lettura, "Signori Bambini", una storia per nulla banale in cui per punizione i bambini diventano adulti e gli adulti diventano bambini e "Ecco la storia", racconto strampalato, strepitoso e surreale. Non ho mai letto, invece, i libri del ciclo di Kamo.

Vi lascio con una citazione tratta da "La prosivendola", che vuole essere un invito anche ai miei lettori

"Pietà per gli scrittori... non tendete loro specchi... non trasformateli in immagini... non date loro un nome... tutto ciò li farà impazzire".

"Non tendete loro specchi" ma mostratevi a loro. Mostratevi a me e iniziate a dirmi che ne pensate di tutto questo mio lavoro.