martedì 21 aprile 2009

Una partita a carte.

Riflettevo sulle attitudini. E sulle capacità di ognuno di riconoscerle in e negli altri.
Pensavo alle persone significative che mi hanno concesso di scoprire le mie.
Pensavo se mai aiuterò qualcuno a scoprire le sue.

E poi, ho pensato a quanto ho sempre desiderato lasciare una traccia nel mondo, non solo nel mio mondo.
Lo definirei desiderio di fama. Esser conosciuta come quella che ha fatto, ha detto, ha creato...

Che inutile spreco di energia la superbia.
Mi è tornato in mente il brano del Vangelo di domenica, quando il Signore soffia nei Discepoli lo Spirito Santo. Lo Spirito è stato soffiato in loro, in loro solo, non in altri, ma solo nelle persone che Egli si era scelto. Così come non a tutti viene donata la medesima vocazione.

E così come non a tutti viene donata la medesima attitudine, capacità, estro, genio, professionalità, chiamatela come volete.
Essenziale per la vita di ciascuno è cogliere questi aspetti e metterli a frutto.
Con i tempi e nei modi che ci vengono concessi.
Con i TEMPI e nei MODI giusti.
Intendendo con "giusto" un valore universale: non quando e come è giusto per gli altri, quando e come e giusto per me. Ma quando e come è GIUSTO. Punto.

Essenziale per la vita di ciascuno è cogliere questi aspetti e metterli a frutto.
Coglierli. Rifiutarli sarebbe come bestemmiare (dixit Don Luca!). "Offensivo" tanto quanto fare dei propri "talenti" (ecco l'ho detto!) oggetto di superbia.

Qualcuno ci ha dato delle carte da giocare. A me le ha date il Signore, ad altri Allah, ad altri ancora Jahvè. Poco conta: le carte ci sono state date, noi abbiamo il dovere di giocare la nostra partita.
E di giocarla con quelle, non con le carte di altri.
Di giocare quando è il nostro turno di farlo.
E di rispettare il turno degli altri.
Come in una partita a "Machiavelli".

giovedì 16 aprile 2009

Cactus e ninfee...

Qualcuno mi raccontò che esistono due categorie di persone: le persone "ninfee" e le persone "cactus".

Le prime passano la loro vita "a mollo" nell'affetto altrui: sanno farsi voler bene, questo è ovvio. Ma la presenza costante di questo affetto fa di loro persone incapaci di goderselo, di apprezzarlo. E finiscono col "far marcire" sentimenti, esperienze, relazioni.

I cactus, sappiamo tutti, non hanno bisogno di acqua, al contrario delle ninfee che vi vivono dentro.
Sanno stare mesi senza alcun tipo di nutrimento.
Ma quando la pioggia arriva, anche una singola goccia è goduta come se fosse l'ultima e ritempra la pianta sin nel profondo delle radici.
Il vento e la sabbia del deserto in cui vivono li sferza e non li scalfisce. Loro stanno lì.
E tra l'altro, alcuni cactus, si prestano bene alla fermentazione, producendo ottimi liquori :)

Questo è la persona cactus (tranne che per la fermentazione!).
E quando il "nutrimento" arriva, il cuore rinasce.
L'anima si sazia.
L'anima ringrazia.

Perchè non si vive di sola acqua...