mercoledì 12 settembre 2012

L'abito adatto

Il mio è un corpo che gli esperti cattivelli definiscono a pera. Significa che, tendenzialmente, sono piccoletta nella parte alta e bella abbondante in quella bassa. Le donne mediterranee, tranne rarissime e fortunate eccezioni, sono più o meno tutte delle Williams (non Serena o Venus, delle pere Williams).
Uno lo accetta e cerca di giocare la mano migliore che può con le carte che possiede (tipo la carta "culone"). E ti fai aiutare dalla tecnologia cercando oggetti, abiti, scarpe e accessori che sfruttino i punti deboli a tuo favore. Io, per esempio, sono un'appassionata degli abiti stile "impero", quelli stretti sotto al seno, che ti aiutano mettendo in risalto il decolletè e nascondono i fianchi grossi.
Appassionata di arte, moda e stile praticamente da sempre, amante delle cose belle e costose, ho sviluppato negli anni un certo senso del bello. La mia preferenza viene distribuita su una gran varietà di cose.
Ma, ormai, ho capito che ci sono cose che per quanto belle, meravigliose ed irresistibili siano, io proprio non me le posso permettere. Ed il limite economico è solo uno dei vincoli. Il mio fisico fa il resto. Se provo a mettere un tubino, o indosso un peplum dress (per chi non sapesse neanche di cosa parlo, consiglio di visitare la mia bacheca Pinterest per delucidazioni), l'effetto che ne ricavo è lo stesso che sortisce una quantità di salamella eccessiva per il budello in cui deve entrare. D'altra parte, una ragazza bellina e secca secca, se mette un abito impero otterrà un mucchio di congratulazioni per il nascituro... anche se il nascituro non c'è.
Conosci un po il tuo corpo e, fondamentalmente, inizi a farti furbo.

Vivere e scegliere cosa fare della propria vita è la stessa cosa. Ostinarsi a voler indossare un "abito vocazionale" che proprio non ti si addice, rischia solo di farti ridere dietro alla grande festa della vita. 
I questi giorni penso molto a questo argomento. Penso all'eventualità di aver indossato per anni un abito che mi fa il culo grosso (sempre vocazionalmente parlando) e di essermi privata di un abito che, invece, mi piace tantissimo e mi sarebbe stato benissimo ma che non ho comprato perché costoso in termini di sacrificio.
Tranquillizzo tutti i miei numerossisimi (!!!) ammiratori: non sto pensando alla vita monastica. Penso alla vocazione come quella direzione che il cuore vuole seguire, alla spinta che vuole assecondare. 

Corro ai ripari e penso agli acquisti futuri.

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